Sedicesimo anno della Borsa di Studio Giuseppe Logoteta- Reggio Calabria

Il 5 giugno, a Reggio Calabria, in occasione di un convegno su Dante patrocinato dal Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani, dal Rito Scozzese Antico ed Accettato e dal Collegio Circoscrizionale dei MM:. VV:. della Calabria, si è svolta la cerimonia di assegnazione delle borse di studio intitolate a Giuseppe Logoteta, Fratello, politico e patriota calabrese, che prese parte agli avvenimenti che portarono alla caduta dei Borbone dal trono del Regno di Napoli ed alla successiva instaurazione della Repubblica Partenopea, nel 1799.

Il convegno, moderato dal giornalista Angelo Di Rosa, ha visto ospite il filosofo e regista Franco Ricordi, che ha recentemente messo in scena, alle terme di Caracalla, l’intera Commedia dantesca in 21 serate con grande successo di pubblico.

Qui di seguito la trascrizione dell’intervento che il Pot.mo e Ven.mo Fr:. Gian-Paolo Barbi, Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico ed Accettato per la giurisdizione Massonica italiana, ha pronunciato in occasione del conferimento delle borse di studio.

Nella vita di ognuno di noi, i risultati non vengono dalla casualità, ma dall’impegno e dalla costanza. Noi oggi premiamo la vostra tenacia, il vostro desiderio di farcela, perché queste sono, forse, le migliori qualità di un giovane.
Ragazze e ragazzi come voi rappresentano non solo un vanto per la scuola che vi ha formato, ma una ricchezza per l’intero Paese. Domani, mi auguro, voi occuperete posti di responsabilità e la dedizione e la costanza nel lavoro che avete dimostrato, sicuramente daranno i loro frutti, anche in quell’occasione. Incontrerete, indubbiamente, difficoltà ed ostacoli, come senz’altro vi sarà successo negli studi, ma sicuramente, con le virtù che avete dimostrato di possedere, riuscirete a superare gli intralci della vita.
Congratulazioni, questa borsa di studio non vuole e non può essere una monetizzazione del vostro lavoro, ma un semplice riconoscimento delle vostre qualità.
Veniamo ora alla tematica proposta per il conseguimento della Borsa di Studio Giuseppe Logoteta.
Su Dante sono stati scritti un numero elevatissimo di libri e d’articoli, motivo per cui risulta indubbiamente difficile trovare argomenti originali da illustrare. A ciò devo aggiungere, in assoluta sincerità, che se anche amo le letture dantesche, non possiedo una competenza tale da permettermi di avventurarmi su sentieri letterari; mi limiterò, pertanto, a provare a rispondere ad una domanda: in che misura il messaggio di Dante è ancora valido per l’uomo d’oggi?
Indubbiamente, Dante è uomo del suo tempo; i suoi giudizi morali, religiosi e politici non possono che risentirne. Il Poeta vive in una società medievale al suo declino, che probabilmente guarda con una certa nostalgia, idealizzandone alcuni aspetti. Uno di questi è l’ideale cavalleresco, che già allora si traduceva, più ancora che in virtù marziale, nell’animo virtuoso. Quindi nel Poeta, il concetto di nobiltà non pare essere semplicemente legato alla nascita in una famiglia blasonata, bensì al vivere una condizione interiore la cui causa d’essere va ricercata nei Cieli. In altri termini, l’uomo cortese è una figura ideale nella quale un’aristocrazia interiore coesiste con uno specchiato stile di vita, da cui viene che, per l’Alighieri la nobiltà dell’animo prevalesse sempre su quella di sangue; anzi, a proposito di quest’ultima scrive:
Dunque, se esso Adamo fu nobile, tutti siamo nobili, e se esso fu vile, tutti siamo vili (Convivio (IV, xv, 4)
Ovviamente, non sono concetti esclusivi del Poeta; sappiamo che per i cosiddetti stilnovisti – uno per tutti, il Guinizzelli – la nobiltà d’animo era il presupposto necessario per l’ascesi spirituale, ottenibile grazie all’Amore della donna-angelo. Quindi appare che, secondo il pensiero dantesco, essere un aristocratico, termine che etimologicamente parlando può essere esplicato con àristos (il migliore) e, kratos (comando), richieda il possesso di alcune prerogative, ossia il cor gentile, cui, sempre secondo Dante, va aggiunto, appunto, l’Amore, con chiaro riferimento alla famosa poesia di Guinizzelli,
Al cor gentil rempaira sempre amore
dove, chiaramente, ciò che è in potenza nel cuore diviene in atto per azione della Donna.
Ma cosa intendevano gli stilnovisti e lo stesso Dante per amore? Non penso si riferissero al sentimento che tutti noi conosciamo. Ritengo, che alludessero più a quanto espresso dallo Pseudo-Dionigi: Amor est Virtus Unitiva, che, in altri termini, traduce l’Amore come una forza di attrazione e di coesione universale, come ben reso dal celebre versetto:
Amor che muove il Sol e le altre stelle.
La Donna, a sua volta, non può essere ricondotta a una figura reale. Più corretto, a mio avviso, interpretarla come un archetipo, uno strumento spirituale emanato dal piano celeste. Non a caso si parla di Donna-angelo: quasi un principio vivificatore la cui azione produce il risveglio degli elementi divini presenti, ma fino ad allora inerti, nell’uomo.
La mia è ovviamente solo un’opinione, ma mi sembra evidente, sulla base di quanto ho appena esposto, che gli scritti dell’Alighieri indichino, nel loro insieme, il lavoro di un Iniziato. La struttura della Commedia è palesemente misterica ed è agevole riconoscere, nelle varie tappe del viaggio, le diverse fasi della catarsi ermetica. Anche a questo proposito sono stati versati fiumi d’inchiostro, per cui non è necessario che mi dilunghi in merito. Viceversa, desidero evidenziare come l’Opera del sommo Poeta presenti similitudine con l’Opus proposto dalla Massoneria. Infatti, la nostra Istituzione, avendo natura iniziatica e tradizionale, presenta una via di ascesi spirituale, per certi versi, paragonabile a quella dantesca; colui che si accosta ai nostri Misteri deve possedere le giuste prerogative, ovvero avere il cor gentile. Non è facile definire cosa s’intende, occorre saper intuire che in colui che bussa alla porta del nostro Tempio esista una sorta di pulsione interiore, quasi un feromone, che continuamente indirizzi i suoi passi in una certa direzione. La sua voce è flebile, ed ogni tanto scompare, ma, quando meno lo si aspetta, ecco che riappare; e quando la sua opera è terminata, ci sussurra: “Ecco, sei a casa”.
In questa sua nuova dimora, il nuovo Iniziato viene detto neofita, ovverosia germogliato di recente, poiché le sue qualità intrinseche qui, e solo qui, trovano il terreno adatto per svilupparsi.
La Massoneria non dà risposte, ma aiuta a formularsi correttamente le domande, e, più avanti, fornisce anche gli strumenti adatti alla ricerca della propria verità, che, comunque è solo provvisoria: come un gradino che si lascia per salire su un altro, posto più in alto. Quello che noi sappiamo è che ci riconosciamo in quell’esortazione, quasi un grido, che scaturisce dalla bocca di Ulisse:
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza
E non importa se il nostro è un folle volo, nella via iniziatica percorrere il Cammino è forse più importante di raggiungere la meta, ammesso che questo sia possibile.
Dante non è più potuto tornare nella sua amata Firenze, ma con la sua poesia è giunto al Paradiso. Noi, che non siamo alla sua altezza, ci sentiamo comunque in terra straniera, poiché viviamo in un mondo di brutture, dove lo spirito dell’Uomo è perennemente avvilito. Tuttavia possiamo, al pari di Lui, tentare il Viaggio. La Tradizione Muratoria è il nostro Virgilio e con la sua guida possiamo, e dobbiamo, cominciare il percorso, nella speranza di poter dire un giorno:
e quindi uscimmo a riveder le stelle.

Gian-Paolo Barbi

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