Lectio magistralis del Pot.mo e Ven.mo Gian-Paolo Barbi Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A.

LA VIA INIZIATICA TRADIZIONALE

Una delle difficoltà che maggiormente avverto ogni volta che mi accingo a prendere la parola su argomenti aventi carattere iniziatico, è legata alla mancanza di una Lingua Sacra, come, con ogni probabilità, una volta, l’Umanità possedeva, e di cui oggi rimangono solo echi in lingue quali il Sanscrito e l’Ebraico, e cenni in antiche saghe e leggende.
Noi, uomini del Kali Yuga, siamo, inevitabilmente, obbligati ad usare il linguaggio profano, anche quando parliamo del Sacro, e, conseguentemente, per rendere, quanto più possibile, intelligibile il nostro pensiero, dobbiamo lavorare la parola, darle nuovi significati, costringerci e costringere a non pensare ad un certo termine nel modo a noi consueto, in altri termini, non essendo più capaci di descrivere, siamo costretti ad alludere, ossia ad esprimerci simbolicamente.
È quanto, d’abitudine, mi sforzo di fare quando comunico le mie riflessioni, anche se questo processo, inevitabilmente, appesantisce il tutto, ma, almeno per ora, non intravedo soluzioni alternative al problema; mi affido, conseguentemente alla tolleranza dei Fratelli per alcune, inevitabili, lungaggini.
Lo stesso titolo, che pure ho scelto per il mio lavoro, La Via Iniziatica Tradizionale, è fuorviante; com’è possibile rendere in parole un concetto che, pur essendo evidentemente unitario, si manifesta in triplice forma?
Provo quasi invidia per chi risolve il problema avvalendosi del dogma, la mia stessa concezione dell’argomento mi appare tremendamente discordante, non tanto con il mio pensiero, che, benché senz’altro confuso, è pur sempre formale, quanto con la mia Intuizione, che formale non è, e, si dissolve come neve nell’altoforno, quando provo a razionalizzarla.
A questo proposito, mi viene in mente la leggenda di Amore e Psiche, ma mi sono proposto di tracciare, quindi, cosciente della mia inadeguatezza, torno sulla terra, ed inizio a riflettere sul primo termine del trinomio, ossia Via.

Amore e Psiche, Antonio Canova, 1792

In apparenza sembrerebbe che il significato ordinario del termine possa soddisfare abbastanza bene le nostre esigenze, per esempio, l’uso urbanistico del termine interpreta la via come lo spazio che connette luoghi separati tra loro, ed anche noi utilizziamo, correttamente, lo stesso significato quando, sempre per esemplificare, consideriamo la Via come ciò che unisce ciò che sta in alto con ciò che sta in basso; è altrettanto esatto rapportarci alla Via come ad una disciplina che s’intende seguire, e, naturalmente, si possono rilevare altre similitudini, tuttavia, ciò che voglio fare notare, è che, comunque, il concetto esoterico di Via, pur non escludendo quelli precedentemente descritti, nella sua essenza, se ne discosta alquanto.

Intanto vorrei sottoporre alla vostra attenzione una prima osservazione, ossia che dal punto di vista etimologico questo vocabolo implica una condizione d’assoluta dinamicità, il termine è, infatti, connesso al sanscrito vaha, a sua volta derivato da vah con il significato di muovere, andare.
Ecco, la dinamica, ritengo, è la chiave per una corretta comprensione del problema, consideriamo, infatti, un punto immobile nello spazio, ad un tratto, per motivi suoi, passa dalla condizione statica a quella dinamica, il suo stesso movimento delimita lo spazio che percorre, in altri termini, ritengo che la Via non sia qualche cosa di antecedente all’uomo che la percorre, se non virtualmente, è, invece, la volontà di progredire di quest’ultimo che rende manifesto il Sentiero.
Analogamente, l’Uomo passando dalla condizione di Profano a quella di Massone, esce dalla staticità, pensiamo alla condizione dell’Iniziando, dapprima chiuso nel Gabinetto di Riflessione, quindi, fermo innanzi alla Porta del Tempio, per passare alla dinamicità, simboleggiata dai Viaggi che compie all’interno del Tempio.
Ecco, è questo dinamismo che gli fa intuire la Via, e, probabilmente in un secondo tempo, realizzerà che non potrà percorrere il Cammino se Egli stesso non diventerà il Cammino.
Quindi, contrariamente, alla strada, profanamente intesa, non si può osservare il percorso da lontano, stimarne la lunghezza e valutarne le difficoltà, poiché, la Via presenta la curiosa peculiarità di essere ben visibile solo per quanto concerne il tratto percorso, ciò che ci sta innanzi è solo intuibile.
Notiamo il profondo capovolgimento di prospettiva cui stiamo assistendo, da un lato, abbiamo l’uomo ordinario, che, essendo fortemente razionale, utilizza esclusivamente la mente come metodo cognitivo, in altri termini, utilizzando termini a noi più consueti, qui il pensiero è il maschio che penetra la Natura per conoscerla, ma, e qui rivolgiamo, un attimo, un pensiero al concetto biblico di conoscenza, abbiamo, dall’altro lato, l’Iniziato, per il quale la mente è femmina e conosce facendosi penetrare.
Ed ecco che, forse, il mio riferimento ad Amore e Psiche diviene più chiaro, pensiamo all’Opera, lei, passiva, soggiace, necessita di un supporto, il talamo, appunto, per sostenersi, è assolutamente dipendente da lui che la sfiora appena, il suo movimento è tutto aereo, i loro volti, all’interno del cerchio delle braccia di Psiche, mi ricordano una clessidra, dove, palesemente, ciò che sta in alto scende a fecondare colei che è in basso, e, se volete un’altra immagine, si può pensare ad un colibrì che impollina un fiore.
Entrambe le raffigurazioni, mi aiutano a comprendere il meccanismo mediante il quale l’intuizione si manifesta nella mente, che, altro non può fare se non contemplare.
A questo punto è facile intendere sia la superiorità dell’intuizione sulla ragione, sia la necessità, per l’Iniziato, di fissare la capacità intuitiva nella mente, azione che, come la leggenda insegna, non può, peraltro, essere compiuta da quest’ultima.Mi piacerebbe approfondire il tema, ma il tempo è tiranno, e devo tornare al Tracciato.A questo punto, desidero sottolineare un’altro aspetto di questo sentiero, che alcuni dicono essere:

sottile come un filo d’erba e tagliente come la lama di una spada

per indicarne non solo la difficoltà, ma anche la pericolosità, entrambe rese, ancora più accentuate dal fatto che la Via, non solo non prevede il ritorno, ma, in cui, il procedere deve essere costante, pena, non solo il fallimento, ma, di regola, la rovina.
Per aiutare la comprensione invito i Fratelli a considerare l’azione, questa volta fisica, del comune camminare, si parte da una posizione d’equilibrio e si sposta la gamba, ed il peso del corpo, in avanti, questo è un voluto squilibrarsi che si annullerà una volta terminato il movimento, se però, prima che ciò avvenga, il passo s’interrompesse bruscamente, un poco come capita, quando s’inciampa, ci troveremmo esposti al rischio di cadere.
Oppure, ipotizziamo di sollevare una pesante valigia, sopra il nostro capo, per poterla introdurre in uno scomparto, se ci sfugge, quando siamo in massima estensione, possono essere guai, ma se si riesce nella manovra voluta, ogni sforzo cessa, e ci possiamo godere il vantaggio della posizione conquistata.
In conclusione, la via non può essere intrapresa per gioco o per curiosità, occorre essere realmente motivati, disposti ad affrontare fatiche e pericoli, ricordo, di sfuggita, che nel Giardino delle Esperidi cresce l’Albero delle Mele d’Oro, ma anche che è ben custodito.
Ma torniamo al Tracciato, ho affermato che il termine Via implica movimento, e, scusate la banalità, ma questa è una delle caratteristiche dell’essere vivente.
Il massone viene alla luce con l’Iniziazione, potremmo affermare dopo la gestazione nei quattro elementi, ma questo è un altro discorso, che faremo, se volete, un’altra volta, quello su cui mi preme, invece, porre l’accento oggi, è che, è indubbio che chi nasce esista, ovviamente su questo piano, ma, se per tutta la vita, costui rimanesse un lattante, forse vivrebbe una vita piacevole e tranquilla, ma, senz’altro, non diventerebbe uomo, in altre parole non realizzerebbe ciò che la Natura esigeva da lui.
Analogamente, la Massoneria chiede ad ognuno di noi di percorrere la Via Iniziatica Tradizionale, ma, conscia dell’importanza del libero arbitrio, lascia ad ogni Fratello la facoltà di seguire le proprie inclinazioni, qualunque esse siano, purché contenute all’interno dei Landmarks, anche se, coerentemente con la propria finalità, ammonisce ed indica la strada che occorre seguire per poter essere realmente Massoni e non dei semplici iscritti alla Massoneria.
Volevo fare un’ultima considerazione avvalendomi del simbolo della croce, quella greca per intendersi.
Anche l’uomo ordinario è dotato di movimento interiore, non possiamo certo negare gli aspetti intellettuali, morali, emotivi, e senz’altro anche spirituali che si riscontrano tra i profani, tuttavia, ritengo che tali spostamenti vadano intesi solo su un piano mentale, quindi terreno, rapportabile, simbolicamente, al tratto orizzontale della croce, viceversa, la verticalità è appannaggio di coloro che si muovono realmente nella dimensione spirituale.
Esistono molti modi per definirla, e tutti, ovviamente, incompleti, poiché, come ho accennato al principio del Tracciato, da un lato non possediamo un vocabolario idoneo, e, dall’altro, comunque, con le parole, che sono appannaggio del mentale, non è possibile descrivere determinate realtà, cui possiamo pervenire unicamente tramite i Simboli.
In tale ambito, vi porgo un’immagine che ritengo particolarmente suggestiva, la verticalità è qui presentata come una:

Aurea catena che lega gli uomini alla loro divina origine, che conserva e trasmette tutto ciò che è necessario per percorrere il cammino che conduce alla Luce

Simbolo che mi consente d’ipotizzare due correnti, chiamiamole così, un’ascendente e l’altra discendente, diciamo concentriche, anche se in realtà concepisco un movimento bidirezionale lungo lo stesso asse, impossibile nel mondo fisico, e corrispondenti, da un lato all’ascesa dell’Essere, in virtù dell’Iniziazione e dall’altra alla discesa dell’influenza Spirituale che emana dall’Uno, in altre parole dalla Tradizione.
Possiamo ricordare, a questo proposito il simbolismo della Scala di Giacobbe

Ed ecco una scala appoggiata sulla terra, la cui cima toccava il cielo; ed ecco gli angeli di Dio che salivano e scendevano per la scala.
(Genesi 28,12)


Gustave Doré 1874

In conclusione, appare evidente che, in questa prospettiva, i termini tradizione ed iniziazione non descrivono concetti rigorosamente separati, ma vicendevolmente integrati.

Quindi, facendo un passo indietro, occorre, innanzi tutto, uscire dal sonno dantesco, che poi è la profanità dell’uomo ordinario, e quindi si potrà acquisire l’intuizione della verticalità, ossia avere la consapevolezza interiore, in altre parole non mentale, di una modalità d’esistenza differente e superiore all’attuale; a questo punto, sarà sufficiente adeguarsi a quanto la Natura, prevede per la nostra evoluzione, in altre parole operare su noi stessi secondo il Tracciato del G:.A:.D:.U:.
Vediamo di chiarire meglio questi concetti.
Il ruolo dell’Iniziazione Muratoria è collocare l’Uomo nel Mezzo, in altre parole, all’incrocio degli assi, ovvero, collocarlo metafisicamente in quel punto unico e privilegiato, che permette all’Uomo di evolvere, ma, attenzione, anche, teoricamente, d’involvere, ossia di procedere in senso contro-iniziatico.
La pericolosità di questo punto, realmente cruciale, era ben nota agli antichi, un esempio per tutti, nella demonologia medioevale, argomento di cui mi permetto di consigliare il prudente studio, Satana era collocato ai crocevia.
Ora, fermo restando che per l’Uomo è più facile scendere che salire, la natura del vero Massone non puo’ essere altro che ascendente, al punto che la Croce si trasforma in una Tau capovolta, il tratto discendente è scomparso, non ci appartiene e non ci interessa.
In questa prospettiva, è evidente che la Catena Aurea, non è simbolo di schiavitù, ma di libertà, poiché consente all’Uomo di affrancarsi dalla servitù della Materia; per fare un altro esempio, possiamo considerarla una fune, che, analogamente a quelle utilizzate in alpinismo, ci impedisce di cadere nel baratro, anche se, probabilmente è più corretto considerarla una sorte di Filo d’Arianna, in altre parole come un elemento che ci consente di realizzare il nostro destino.
In definitiva, la Tradizione costituisce un’emanazione di un particolarissimo tipo di Gnosi – talmente elevata e completa, da non potersi figurare, non dico una superiore, ma neppure uguale – che procede dal piano spirituale a quello materiale. Se ammettiamo che il vero centro spirituale risieda – per così dire – nel non-manifestato e che questi sia Potenza assoluta, allora ciò che noi conosciamo, ossia l’universo manifestato, non può essere altro che una delle innumerevoli possibilità attuative del Centro. Appare, inoltre, plausibile che tale manifestazione non solo sia contingente e provvisoria, ma che esista unicamente in quanto continua irradiazione del non-manifestato. Per fare un’analogia, il mio pensiero relativo a un oggetto perdura sino a quando la mia mente non si rivolge ad altro; non stupisce quindi che, secondo Guenon, la Tradizione sia la trasmissione dell’idea dell’Essere Supremo, nella sua assoluta perfezione, e di tutte le sue emanazioni, tra cui, ovviamente l’Uomo. Tale idea, a causa della sua natura, non può che essere sempre uguale a sé stessa; quelle, che alcuni possono percepire come modificazioni, costituiscono in realtà nient’altro che un adattamento alle circostanze, evento tutt’altro che remoto. Al contrario, la Tradizione, lungi dall’essere un ostacolo agli adattamenti che le circostanze esigono, ha sempre fornito il principio adeguato di tutti quelli che si sono rivelati necessari. Anche se, apparentemente, la Tradizione è trasmessa da uomo a uomo, è più corretto considerarla una teofania: infatti, le conoscenze tradizionali non sono mai appartenute a questo o a quell’individuo, e le peculiarità di coloro che le hanno esposte e interpretate, hanno un’importanza quanto mai secondaria. In altri termini, perché si possa parlare di trasmissione della Tradizione, è indispensabile l’intervento di un elemento non umano.
È indubbiamente un concetto di difficile comprensione, almeno per chi Vi parla; infatti, sono profondamente convinto che per conoscere qualche cosa, dal punto di vista iniziatico, occorra diventare la cosa stessa, il che rende virtualmente impossibile per un umano realizzare la conoscenza del non umano. D’altronde ignorare l’elemento non umano è propriamente disconoscere ciò che è l’essenza stessa della Tradizione. Questo rende ovviamente intelligibile la non comprensione, da parte dei più, della vera natura della Tradizione, il che è un segno evidente dell’attuale processo di degenerazione della nostra Società. Conseguentemente, tutto ciò che è ispirato dalla conoscenza tradizionale procede sempre dall’interno e non dall’esterno dell’Essere. Tale elemento rende l’approccio alla Tradizione ovviamente non inaccessibile, ma di difficile realizzazione, in particolare per ciò che concerne i suoi aspetti d’ordine realmente profondo. In conclusione, la manifestazione si manifesta nuovamente con una sorta di ciclicità: da un lato la cosiddetta creazione realizza continuamente il medium all’interno del quale lo spirito degli Iniziati, evolve e dall’altro la Tradizione, con la conseguente Via Iniziatica, consente a questi il ritorno ai Cieli.
In quanto iniziati, siamo informati dell’esistenza di una varietà d’eventi che consentono, se non il sicuro conseguimento di tale conoscenza, almeno il raggiungimento delle ideali condizioni che favoriscono il verificarsi dell’Intuizione, in altre parole, di quella facoltà che consente di porsi in contatto con il proprio Sé interiore, vero tramite per la Verità Assoluta.
Questi, che io ho definito eventi, poiché non saprei meglio come definirli, sono, ovviamente, parte integrante della Tradizione.
Cerco di chiarire il mio pensiero, ho in precedenza affermato che la Tradizione è la conoscenza dell’Assoluto, e, in miei precedenti interventi, che il Divino è contemporaneamente dentro e fuori di Noi, semplicemente lo stato ordinario di Coscienza dell’Uomo non è in grado di percepirlo, essendo del tutto, o quasi, assorto nella Materia, tale condizione è talmente forte che nella maggior parte dei casi, condiziona interamente l’esistenza del singolo.
Quindi, per quanto riguarda la Massoneria, sicuramente Riti e Simboli, per chi segue la Via Umida, particolari preghiere, alcuni sacramenti, determinate liturgie, per entrambe le Vie, meditazioni, stili di viti conformi alla Ricerca intrapresa.
Ho parlato di stili di vita, può sembrare un dettaglio da pignolo, e forse lo è, personalmente, tuttavia, non ritengo che si possa percorrere il Cammino Iniziatico due o tre ore la settimana, certo è un principio, ma, volutamente continuo a ripetermi, l’unico modo di percorrere la Via è diventare la Via, in altri termini bisogna operare 24 ore il giorno, sempre.
Il che non vuole intendere che bisogna incatenarsi in cima ad una colonna, questo sarebbe l’antitesi della nostra libertà di pensiero e d’azione, ma, in ogni modo si tratta di realizzare un quid di cui è già difficilissima la comprensione.
Quindi, se è senz’altro vero che occorre sacralizzare ogni attimo della nostra vita, poiché l’intuizione dell’uomo va ricercata attraverso ogni atto umano, occorre pur sempre comprendere cosa s’intende con il termine sacralizzare.
Mi rendo conto che è un discorso difficile e personale, nel tentativo di aiutare, a formarsi una propria opinione in merito, mi sembra molto utile citare Robert Louis Stevenson:

Non giudicare ogni giorno per il raccolto ma per i semi che pianti

È un indubbio stravolgimento del modo ordinario di pensare, potremmo azzardare che ciò che conta non è il risultato, ma l’azione corretta, che il fine sia raggiunto, a questo punto, è indifferente.
Desidero ora fare un paio d’esempi di attività sacra, che, personalmente, reputo particolarmente suggestivi.
Il primo riguarda il Kyudo, l’arte zen dell’arco asimmetrico giapponese, qui il bersaglio può essere posto anche ad un metro dall’arciere, poiché ciò che conta non è colpire il bersaglio esteriore ma quello interiore, non a caso si afferma che l’azione di tendere l’arco realizza l’unione del Cielo e della Terra, e, conseguentemente l’arciere diviene Uomo di Mezzo, consentitemi una parentesi, sarò senz’altro prevenuto, ma mi sembra difficile non vedere nell’arco un compasso, ed una squadra nella corda tesa, d’altronde nel Kyudo arco e freccia sono intesi quali strumenti di un lavoro spirituale, non a caso il motto dell’Arte è:

Una freccia…una vita

Il secondo esempio che desidero proporvi è fornito dal Monaco tibetano mentre costruisce il Mandala, che possiamo intendere, con una certa approssimazione, una sintesi simbolica del cosmo utilizzata, prevalentemente ma non esclusivamente come aiuto per la meditazione, quindi lo distrugge, suggerendo, che l’Universo esiste solo per permetterci di scoprirne l’essenza spirituale, ricreare il cosmo significa partecipare del sacro, e non diversamente doveva essere per i costruttori di cattedrali, l’oggetto del lavoro, nuovamente, diviene un supporto assolutamente secondario rispetto alla crescita spirituale dell’Artista.

In questa prospettiva, ognuno di noi deve tentare d’agire come un Piccolo Demiurgo, ossia infondere nella vita quotidiana l’essenza della propria natura divina, poiché, come ammonisce Plotino:

Agli dei occorre farsi simili… e non agli uomini (seppure) dabbene

In altri termini, e questa è una difficoltà tremenda, occorre agire in accordo con la Natura, ossia comprendere: Ciò che è in alto e analogicamente riprodurlo in Ciò che è in basso.
Ma torniamo al Tracciato, il terzo aspetto del tratto verticale della Tau, è quello più propriamente connesso all’Iniziazione; ovviamente, una trattazione, non dico esauriente, ma, anche semplicemente chiarificatrice di questa tematica, richiederebbe, almeno, un volume, per cui, avendo già premesso che la Via Iniziatica sostanzialmente consiste nel prendere coscienza dapprima delle modalità d’esistenza sovra-umane, e, quindi, di quelle non umane, mi limiterò a trattare quegli aspetti che ritengo maggiormente importanti.
Cominciamo a dire, quindi, come si può fare tali esperienze, partiamo ab ovo, ossia da quel silenzio che, già imposto all’Apprendista, ritorna, in forma più compiuta, con il Maestro Segreto; qui, l’esperienza del Silenzio Interiore, ossia la sospensione dei processi mentali, conduce l’iniziato alla consapevolezza della propria natura (per utilizzare una terminologia massonica: alla Luce) che, in ogni modo, non è un concetto traducibile a parole, poiché con il manifestato (e la parola umana è tale) non si può rendere intelligibile il non manifestato. Anche perché, è bene rimarcarlo, vivere quest’esperienza significa esistere in un particolare stato di coscienza, molto differente rispetto a quello ordinario, nel quale la nostra consapevolezza si comporta come uno specchio, ossia riflette impassibile e silenziosa, priva di dicotomia tra soggetto contemplante ed oggetto contemplato, quando usciamo da tale condizione, chiaramente conserviamo in noi la conoscenza di quel vissuto, è vero, ma, voglio precisare che questa particolare Gnosi non è traducibile in pensiero, e meno che mai, in parole, neppure per chi ha vissuto tale stato, infatti, solo riportandosi in quella condizione potrà riviverlo.
Qui riusciamo a comprendere il vero e più intimo significato dei termini Esoterismo e Segreto, in altre parole: il primo, rapportabile ad un’esperienza individuale interiore, ed il secondo, ad un vissuto non trasmissibile verbalmente.
A questo punto è facile rendersi conto che noi non siamo la nostra mente e che, per l’Iniziato, la morte fisica che trascinerà con sé la nostra struttura mentale, non rappresenterà la fine ma solo un nuovo inizio.

non v’accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l’angelica farfalla

( Dante, Purgatorio, Canto X)

Ogni adulto è stato bambino, ma in lui non vi è più nulla, o quasi, di quel bimbo, sotto certi aspetti, questi è morto, in quanto la sua forma sensibile, sia fisica sia mentale, sono irrimediabilmente scomparse, eppure noi esistiamo, questo rende più facile comprendere il detto che occorre morire, allo stato attuale, per rinascere ad un altro, chiaramente più evoluto.
Da questo punto di vista, il monastico invito:

Fratello, ricordati che devi morire!

Può indicare, non tanto la precarietà della nostra esistenza e l’ineluttabilità della fine, quanto, esotericamente inteso, la necessità di realizzare la condizione indispensabile per divenire dei veri Iniziati.

Per questa sera ho terminato, potrei affermare che il Tracciato è concluso, ma in fondo non sarebbe corretto, ritengo, infatti, che il Massone scriva una sola Tavola in tutta la sua vita terrena, dove annota, di volta in volta, i diversi aspetti del Lavoro Interiore che compie, e, poiché, per quanto mi concerne, molto manca alla conclusione dell’Opera, preferisco dire che il Tracciato è sospeso.

Gian-Paolo Barbi 33
SGC

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