LISBONA, XIX CONFERENZA MONDIALE DEI SUPREMI CONSIGLI DEL RSAA

Si è tenuta a Lisbona, Portogallo, dal 13 al 17 maggio 2015 la XIX Conferenza Mondiale dei Supremi Consigli del RSAA.

LISBONA 13/17 maggio 2015 Intervento del SGC Luigi Milazzi

I progressi della scienza e della tecnica sono stati spettacolari nel corso del XX secolo, specialmente nelle scienze della vita e in altri comparti come la tecnologia spaziale, la produzione di energia o lo sviluppo delle nanotecnologie. L’evoluzione di alcuni settori è stata tanto veloce da poter presentare una minaccia per l’umanità stessa e rischia di produrre un mondo ancora più diviso.
Gli uomini di scienza hanno mandato segnali molto precisi sui pericoli cui l’umanità sta andando incontro in seguito al degrado dell’ambiente e alla scarsa sensibilità in materia di conoscenza scientifica delle classi politiche che hanno dimostrato di essere incapaci a gestire le innovazioni e portate piuttosto a soffermarsi sui problemi del presente.
In tale situazione l’obiettivo a termine deve essere quello di fare in modo che l’etica sia parte integrante del progresso scientifico per uno sviluppo efficace che rifiuti tutto ciò che è inumano, che sia rispettoso dei diritti delle donne e degli uomini e si preoccupi del benessere delle società e delle future generazioni. Per raggiungere quest’obiettivo per prima cosa è necessario promuovere la conoscenza e l’informazione.
Nella mitologia indiana, la conoscenza è incarnata della dea Sarawati e il denaro da un’altra importante dea, Lakshami. E fino a oggi quest’ultima divinità ha sempre prevalso sulla prima. Oggi con l’affermazione della società dell’informazione si presenta finalmente la possibilità di rendere queste due dee altrettanto potenti.
Condizione essenziale è quella di incoraggiare la diffusione della conoscenza, anche se finora non è sembrato necessario un grande impegno. La storia dello sviluppo della rete insegna che non ci sono voluti che quattro anni per raggiungere e superare il numero di cinquanta milioni di persone connesse a Internet, contro i trentotto anni che ci sono voluti per la radio e tredici per la televisione.
Naturalmente si potranno incontrare delle difficoltà perché le virtù educative della rete non sono sempre rassicuranti e non corrispondono spesso con gli interessi di certi gruppi di società private interessate nel settore, e i dibattiti sulle tecnologie emergenti hanno la tendenza a riflettere le preoccupazioni dei paesi ricchi, piuttosto che le esigenze di quelli meno sviluppati. Per fare un esempio pratico, il libro elettronico può essere percepito come una minaccia dai proprietari e dai dipendenti delle grandi case editrici in tutto il mondo, ma potrebbe invece essere una benedizione per l’educazione nei paesi poveri. Chi tra le case editrici o gli insegnanti africani, avrà l’ultima parola? Ci saranno poi i mezzi da offrire a Saraswati per stare al passo con la sua rivale Lakshami? Possiamo solo sperarlo.
Fino a non molto tempo fa lo sviluppo era considerato poco più che la semplice crescita economica, prevaleva l’idea che sarebbe stato sufficiente che gli indici della produzione industriale si elevassero perché il paese si modernizzasse e i suoi abitanti vivessero meglio. Il corollario inevitabile di questo ‘errore è stato l’imposizione di modelli esterni di sviluppo che non tengono conto delle specificità storiche, culturali, psicologiche dei popoli cui, sono applicati tali criteri.
La conseguenza più immediata è stata l’immenso costo sia morale sia materiale, pagato da numerosi paesi anche sul piano politico con il rafforzamento di poteri dittatoriali a danno della società civile e con il conseguente arretramento della democrazia.
Bisogna invece avere ben presente che nulla di ciò che è umano è meramente quantitativo, e questo principio deve valere, anche se qualsiasi processo di sviluppo, non può prescindere da un elemento puramente quantitativa e strettamente economica. Il progresso non può essere ridotto alla semplice accumulazione di oggetti, come automobili, lavastoviglie, computer, e magari anche armi e missili nucleari perché il progresso, quello vero, è indissociabile da un elemento umano ed etico, per cui la prima domanda da porre interrogandosi sul progresso non sono “quanto”, ma “per chi”.
Secondo la missione del Rito Scozzese Antico e Accettato “il progresso dell’umanità è la sua causa, la libertà di pensiero il suo supremo desiderio, la libertà di coscienza la sua missione, e la garanzia di pari diritti per ogni persona in ogni parte del mondo il suo obiettivo finale”. E’, quindi, evidente che il progresso che si sviluppa attraverso lo sfruttamento e la distruzione dell’ambiente, l’impoverimento delle società umane con un uso irresponsabile degli strumenti finanziari, lo sfruttamento del lavoro e lo sviluppo di ignobili concorrenze nello stesso campo del lavoro a scapito dei diritti, non è il nostro progresso.
È necessaria, quindi, un’azione molto forte e incisiva insieme con tutti quelli che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta, perché come ha scritto a suo tempo Federico Mayor:
«non possiamo continuare a restare indifferenti nel vedere sprecare le nostre risor¬se nella produzione di armi da utilizzare contro nemici sia attuali che potenziali. Non possiamo più tollerare che per ragioni economiche, migliaia di bambini indi¬fesi siano vittime di abusi sessuali o di sfruttamento sul lavoro. Non possiamo con¬tinuare, in un’irresponsabilità totale, a inquinare l’acqua, a contaminare l’aria e a distruggere le foreste del pianeta. Dobbiamo fare in modo che la ribellione non violenta, la resistenza creativa, l’insubordinazione di coloro che non si rassegnano ad ammettere l’inammissibile rendano possibile la transizione verso il dialogo e la tolleranza per inventare soluzioni immaginative».
Il Rito Scozzese in particolare, grazie ai suoi principi e alla ricchezza della sua tradizione, deve ritenersi impegnato a dare un contributo sostanziale alla ricerca di queste soluzioni immaginative sia attraverso l’apporto personale dei Fratelli che sono presenti nella politica e nelle istituzioni, nei settori della cultura e dell’educazione a tutti i livelli, nei club service e nelle associazioni del volontariato, che oggi rappresentano una grande risorsa per la società, sia direttamente partecipando alla divulgazione della conoscenza.
La crisi che oggi viviamo non è solamente economica, ma è una crisi di civiltà, come ha scritto il filosofo Edgar Morin, per cui non si può ristabilire la fiducia e la speranza senza indicare una via nuova che non sia solo una promessa di uscire dalla crisi, ma di cambiare la logica dominante. Sempre, secondo Morin, ci vorrebbe una grande politica economica che comporti la soppressione di ogni potere della finanza speculativa salvaguardando però il carattere concorrenziale del mercato, superando l’alternativa crescita/decrescita fissando ciò che deve crescere da ciò che deve decrescere.
Deve crescere un’economia plurale collo sviluppo di un’economia verde, sociale e solidale, del commercio equo, della cordialità, dell’agricoltura biologica delle imprese cittadine, mentre dovrebbe decrescere l’economia dei bisogni artificiali, del futile, dell’usa e getta, del dannoso, dello spreco, di quanto è distruttivo.
Il mondo ha bisogno di tutto ciò, ma soprattutto di amore e di solidarietà e per questo bisogna lottare, senza timore di esporsi per una causa tanto nobile, senza scoraggiarsi di fronte al molto che
resta da fare, anche se la nostra opera può apparire piccola e insufficiente
Vogliamo ancora una volta riaffermare che per diffondere le idee ed essere convincenti è necessario averle prima assorbite, rese parte di ciascuno di noi, essere noi stessi convinti. Questo lavoro deve essere svolto all’interno dei Corpi rituali nel senso di mantenere sempre alti ed elevati i nostri valori per evitare che s’indeboliscano nella quotidianità e di rendere nel lavoro fatto in comune sempre più vivi i sentimenti di amore e di solidarietà che contraddistinguono il nostro operare
Dobbiamo offrire soprattutto ai giovani la possibilità di condividere la nostra grande utopia, che non va confusa con una chimera. Infatti, noi siamo come quegli “innocenti”, di cui scriveva Bertrand Russel, che non sapevano che il progetto che volevano realizzare era impossibile, ma proprio per questo lo realizzarono. Vogliamo essere una società di uomini che puntano sempre più in alto per sostenere apertamente i propri valori morali e spirituali, per costruire un mondo migliore ed essere tutti più felici e più saggi.

Luigi Milazzi 33° SGC

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