IL DISCORSO DI EPERNAY DEL CAVALIERE RAMSAY

Introduzione
Il cavaliere André Michel De Ramsay ed il suo discorso. Un massone ed un manoscritto che si fondono, si uniscono; prima in un mito, oggi in interpretazioni che mi lasciano un senso di grande vivacità ed attualità massonica. Il discorso di Ramsay rientra tra i documenti massonici storici fondamentali per la comprensione della genesi e delle tradizioni libero muratorie, in particolare per quanto attiene il Rito Scozzese Antico ed Accettato (RSAA) e la genesi dei suoi alti gradi. Tra questi documenti possiamo citare gli Antichi Doveri e Costituzioni di Anderson (1723), le Costituzioni e Regolamenti di Losanna (1762), le Grandi Costituzioni di Federico II (1786) e loro modifiche (1875). Qualunque sia il ruolo che può avere tale discorso nel RSAA e riflettendo da subito nell’ipotesi che nulla centri, e cioè che Ramsay non abbia in alcun modo contribuito alla creazione di gradi superiori oltre quelli simbolici, permane uno scritto del 1736 di grandissima consistenza massonica, di rifondazione e accalorato stimolo e, soprattutto, permane un uomo, il fratello Ramsay, che visse la sua vita con una intensità straordinaria, con grande fervore intellettuale, nel certo tentativo di fare compiere ai lui stesso ed alla libera muratoria un salto di qualità unico ed eccezionale.

Il mito dei discorsi di Ramsay
E’ noto come le interpretazioni delle fonti storiche vivano di due momenti distinti: – il primo di conformismo storiografico, nel quale ogni mito o dogma veniva ritenuto reale e vero in una sorta di adesione priva di critica o esame, – il secondo nel quale gli studiosi pongono dei dubbi, interpretano le fonti e traggono conclusioni magari diverse rispetto a quelle che prima erano state ricevute come dogmi inviolabili e immutabili. Questa riflessione è adatta nell’interpretare il ruolo che può avere il “Discorso di Ramsay” nella genesi degli alti gradi del RSAA, riflessione che curiosamente viene anche riportata dallo stesso Ramsay nel suo discorso di Epernay, “Ogni famiglia, repubblica e impero, la cui origine è perduta in un’antichità oscura, possiede il suo mito e la sua verità, la sua leggenda e la sua storia, la sua finzione e la sua realtà”. Per molto tempo, infatti, è forte ed indiscutibile la certezza che Ramsay sia stato il padre fondatore dello scozzesismo. Il legame del suo ruolo nella genesi degli alti gradi lo ha collocato tra i “santi fondatori”, tra coloro che intoccabili rappresentavano un “dogma umano”; quindi Ramsay era colui che ha fondato gli alti gradi, oltre quelli tradizionali simbolici, ed il Rito Scozzese. Come prima doverosa considerazione appuro che, nelle premesse del Rituale della Loggia di Perfezione dei Maestri Segreti del RSAA, si scrive “il primo tentativo di costituzione di Alti Gradi viene attribuito al Baronetto scozzese Cav. de Ramsay che attuò in Francia, nel 1728, un sistema di tre gradi a carattere neotemplare: a) Scozzese; b) Novizio; c) Cavaliere (…) sovrapposti ai tre gradi simbolici tradizionali (…) istituito dalla Gran Loggia di Londra”. Non posso fare altro, come neofita,  che prendere come dato di fatto tale considerazione; tuttavia lo stesso rituale, positivamente, stimola al culto della verità, del reale, della non ammissione di concezioni definite, quindi a cammini infinti di ricerca che anche in questo caso mi sento di compiere. Il Sebastiani nel 1993 “senza tema di smentita” asserisce che il primo tentativo di costituzioni degli alti gradi si registra in Francia nel 1728 con il “Rito dei cavalieri templari del Ramsay”. All’opposto, recentemente, le interpretazioni ed analisi storiche affermano che nulla centri. Per Sessa il mito Ramsay, dopo duecento anni, non ha più la possibilità di reggere, perché le fonti ad oggi emerse non provano che sia autore di alcuna riforma. Addirittura, alcuni documenti del Bathan, legati soprattutto ad un confidente del Ramsay (il Von Geusau), rilevano che desiderava riportare la libera muratoria alla sua originale istituzione, eliminando tutto quello che era stato aggiunto. Per questo motivo desiderava organizzare una conferenza internazionale per restaurare il rituale originale. Secondo Von Geusau, inoltre, Ramsay voleva programmare incontri aperti a tutte le classi sociali per mangiare semplicemente e bere del vino; proposta in piena contraddizione con il desiderio di rendere aristocratica e nobile la libera muratoria, e non certo sociale. Indipendentemente dal fatto che “il discorso” avesse un ruolo nella genesi del RSAA, sono molteplici le tematiche e le assonanze che possono essere rilevate; aggiungo il comportamento del Ramsay, a mio giudizio, in linea con l’istruzione dei maestri segreti. Tra le assonanze il segreto, il rimanere fedeli, l’obbedienza, la ricerca infinita della verità ed il dovere. Certo è invece l’influsso, la filosofia di fondo che Ramsay trasmise nella nascita della libera muratoria moderna. Non si spiegherebbe infatti tale ruolo, se si pensa che, solo dopo quattro anni dalla sua stesura (circa nel 1740) venne divulgato in alcune loggie napoletane in una versione italiana. Il discorso ebbe molto successo negli ambienti latomistici napoletani e fu importato da aristocratici iniziati nella loggia Villeroy di Parigi, con il titolo “Le obbligazioni d’un Franco Muratore estratto d agli Antichi archivi delle Loggie sparse sopra la superficie della terra, per essere lette allor quando si fa un nuovo Fratello, o quando il Maestro le giudica a proposto. Discorso preliminare tradotto dal francese secondo la lettera acciocché non si prendano equivoci”.

Il personaggio
Andrew Michael Ramsay nacque in Scozia ad Ayr tra il 1680 ed il 1688 (probabilmente il 9 giugno 1686) da una famiglia benestante, ma non certo nobile. Morì nel 1743 a St. Germainen en Laye. Nel complesso la sua vita è stata caratterizzata da forti trasformazioni, condizionate da incontri con personaggi illustri, e con forte ascendenza, che hanno influito sul suo modo di vivere e di credere. Una vita alla costante ricerca del vero, una vita intesa come percorso mai immobile e sempre teso alla crescita di se stesso, per proiettarsi verso gli altri. In tal senso forse già “scozzese”. Studiò teologia a Glasgow ed Edimburgo. Nei primi anni del settecento (1709) lavorò per l’istruzione dei figli del conte di Wemyss; l’insegnamento e l’educazione di giovani fu una sua caratteristica ricorrente della sua vita. Nel 1710, periodo nel quale era interessato alla corrente “quietista“,  la sua vita ebbe un impulso risolutivo: incontrò, infatti, sia il Marchese di Fenelon, arcivescovo di Cambrai, sia Madame Guyon (nota mistica francese) di cui fu segretario personale sino a quando essa morì. Due personaggi chiave. Fenelon lo converti dal calvinismo al cattolicesimo, lo introdusse nell’alta società del tempo, per esempio il duca di Chateau Thierry, il principe di Turenne e Philippe d’Orleans. Tali conoscenze lo portarono a diventare Cavaliere dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme, istituzione che al tempo delle crociate aveva connotazioni militari a protezione dei pellegrini. Alla scomparsa di Fenelon nel 1723 decise di trasferirsi a Roma per l’educazione dei figli di Giacomo III Stuart, vecchio pretendente in esilio al trono d’Inghilterra; educò dunque anche Enrico, che diventerà cardinale di York. Dal 1725 al 1728 fu ospite a Parigi del Duca di Sully, genero della signora Guyon; in questo periodo, anche sollecitato dalle ispirazioni avute a Roma, lavorò al suo capolavoro letterario “I viaggi di Ciro“ che pubblicò nel 1727. Il successo fu notevole, tanto che la fama giunse presto anche in Inghilterra dove ottenne l’amicizia del duca di Argil. Nel 1729  fu eletto membro della Royal Society dove incontrò Newton e Pope, fu associato alla Gentlemen’s literary Society dove incontrò numerosi liberi muratori e, nel 1730, presso l’Università di Oxford gli fu conferita la laurea ad honorem in Diritto Civile. Tornò quindi in Francia dove scrisse il “discorso” del 1736 di Epernay, cui segui un breve periodo di tormento ed importanti decisioni, legate a tale fatto, sulle quali torneremo. Quindi scrisse due ulteriori libri e mori nel 1743,  dopo una fase della sua vita sbiadita e buia. Fu iniziato alla libera muratoria durante il periodo di grande successo avuto in Inghilterra; in particolare, il 16 Marzo 1730, presso la Loggia Tavern Horn, nel palazzo Yard di Westminster in Inghilterra. Maestro venerabile della loggia era il Duca di Richmond. Fu affiliato alla Loggia Saint Thomas a Parigi, prima loggia francese, fondata nel 1725 da liberi muratori inglesi esuli in terra di Francia. Alcuni autori riportano come la sua attività massonica abbia avuto inizio molto prima, anche con il tentativo di sostituire i gradi simbolici in Scozzese, Novizio e Cavaliere del Tempio. Tentativo che fu vano perché rifiutato dalla Gran Loggia di Inghilterra e che quindi il Ramsay decise di portare in Francia. Più probabile però fu un suo primo contatto con la Massoneria a Roma solo nel 1724.

Il discorso di Epernay
I letteratura sono reperibili due “discorsi”, uno del 1736 detto di Epernay (allegato in copia anastatica) ed uno del 1737. Il discorso di Epernay prende il nome dalla cittadina francese nella cui biblioteca municipale viene costudito. E’ un manoscritto, trascrizione del primo discorso di Ramsay. Questo è inserito in un libro del 1737 (216 per 160 millimetri di dimensioni), raccolta di documenti massonici di Philippe Bertin di Rocheret (1693-1762) di cui, il discorso, è il primo di essi. Rocheret, noto avvocato al Parlamento di Parigi nel 1711 ed affiliato alla libera muratoria dal 1737, era figlio di uno dei primi e noti commercianti di champagne. Il discorso di Epernay fu pubblicato per la prima volta nel 1964 da Pierre Chevallier, dopo averlo ritrovato grazie alle indicazioni di Albert Lantoine che lo aveva menzionato nelle sue pubblicazioni. Il discorso di Epernay è sicuramente lo spunto e la traccia del più noto discorso del 1737, preparato per essere letto ad una assemblea di Loggie parigine il 21 marso 1737 nel quale il Ramsay sarebbe stato Oratore. Il discorso di Epernay fu probabilmente letto numerose volte, dopo iniziazioni massoniche e certamente il 26 dicembre 1736 presso la Loggia Saint Thomas di Parigi, genericamente definita di San Giovanni. Numerosi fratelli, duchi, ufficiali e nobili lo ascoltarono dalla voce di Ramsay. Torniamo ai fatti di tormento, ed importati decisioni, che seguirono le prime e numerose letture del discorso di Epernay. Come già sottolineato, il Ramsay  fu invitato come Oratore a tenere una lettura ad una assemblea di Loggie parigine per il 21 marso 1737. Per questa occasione riprese e trascrisse, aggiungendo e modificando parti, il discorso di Epernay in una nuova versione, che definiamo del 1737. Il giorno prima dell’adunanza avvenne un fatto che stravolse il progetto riformista libero muratorio del cavaliere scozzese e forse anche il rapporto tra la libera muratoria e la Chiesa. Il Ramsay, infatti, inoltrò il suo discorso – già modificato nella versione del 1737 – al cardinale André Hercule de Fleury, in pratica guida e persona più influente della Francia per delega non scritta del Re. Ramsay chiede a De Fleury di correggerlo, di arricchirlo del “vostro spirito, dei vostri sentimenti e del vostro stile”. In pratica richiede un placet a sostegno della libera muratoria, una protezione che porterà a De Fleury, secondo Ramsay, gloria ed onori. Nella lettera che accompagna il discorso Ramsay indica anche un ruolo pacificatore che può avere la libera muratoria in Europa. Un gesto di riverenza, rispetto e profondissima devozione che però non ebbe risposta. L’assemblea delle logge fu casualmente rinviata di qualche giorno. Ramsay riscrisse dunque a De Fleury. Nel secondo tentativo accenna al fatto che il cardinale non approvava le adunanze massoniche, forse perché gli era giunta voce di un suo disappunto; tuttavia insiste nel proporre al cardinale un ruolo di rilievo a benefico della religione e dello stato. Nella stessa scrive “se si introducessero alle testa di queste assemblee delle persone sagge e scelte da V. Eminenza (…) la supplico di dire se tornare a queste assemblee ed io mi conformerò alla volontà di V. Eminenza con una docilità senza limiti pari al profondo rispetto con il quale sono il suo umilissimo ed obbedientissimo servitore”. Non si è certi se vi fu una risposta scritta, certo invece è che il Cardinale non ha concesso il placet al Ramsay,  forse perché anche il re di Francia non desiderava tale adunanze; al riguardo il Macky riferisce che a penna fosse scritto a lato della seconda lettera “Le Roy ne le veut pas”. Di fatto il discorso non fu letto. Il Ramsay dopo tali eventi usci dalla scena libero muratoria ed il cardinale De Fleury, il 14 settembre, proibì ogni riunione massonica. Non si può fare a meno di correlare tale evento con la soppressione di una loggia giacobita a Roma nell’agosto del 1737 ed, ancor più, alla bolla pontificia In eminenti apostolatus specula di Papa Clemente XII del 28 aprile 1738 con la nota scomunica ai liberi muratori. De Fleury era cardinale di Roma ed uomo tra i più influenti nello scenario europeo di quegli anni. Vero anche però che la scomunica papale del Papa non limitò la crescita della libera muratoria in Francia. Tornando al discorso: il manoscritto di Epernay nasce come discorso, non è dunque uno scritto da leggere. Per questo motivo è interessante, al fine di calarsi con phatos nel momento e nell’epoca, immaginare il tono aulico del relatore come segno di eleganza e sobrietà, magari la sua voce forte per essere udibile, le sue pause, la luce tenue delle candele, ed i nuovi iniziati che ascoltano. Volendo ora entrare nel merito del discorso di Epernay, vengono immediatamente elencate le doti che deve avere un libero muratore, in particolare devono essere “la filantropia, il segreto inviolabile e la passione per le belle arti”. Poche righe dopo viene data importanza al concetto di uguaglianza, “Sostanzialmente non esiste alcuna distinzione tra gli uomini, nonostante la differenza tra le lingue che parlano, gli abiti che indossano e gli spazi del formicaio che occupano”. Nella prima parte critica i governanti della storia perché non sono riusciti a rendere durature le loro repubbliche; il motivo lo adduce alla violenza, ed alla assenza di filantropia. In tal senso “la nostra associazione fu istituita per far rivivere e diffondere questi antichi principi naturali dell’uomo. Noi intendiamo riunire tutti gli uomini particolarmente buoni e di carattere gradevole avvalendoci dell’amore per le belle arti, tra i quali il desiderio di crescere diventa una virtù, l’interesse della confraternita si immedesima con quello di tutto il genere umano”. Si riferisce ai nostri segreti e misteri, specificando che sono incomprensibili al mondo profano mentre “gli iniziati vi trovano un nutrimento squisito che nutre, eleva e richiama alla mente le più sublimi verità”. Importante il richiamo al silenzio “nessun fratello ha mai tradito i nostri segreti. Le menti più superficiali, più indiscrete e meno avvezze a tacere, apprendono questa grande scienza appena entrano nella nostra associazione: sembrano successivamente trasformarsi e diventare uomini nuovi, al tempo stesso impenetrabili e penetranti”. Come nelle costituzioni di Anderson la storia della libera muratoria viene tracciata come mitica, ed è certa l’idea di Ramsay di portare ai neofiti il messaggio di Anderson. “Orazio fu a suo tempo oratore d’una gran loggia di Roma fondata da Augusto, mentre Mecenate ed Agrippa ricoprivano il ruolo di sorveglianti. Le migliori odi di questo poeta sono inni composti per essere cantati nelle nostre agapi”, ”La nostra scienza è antica quanto il genere umano” ed ancora “Noè deve essere considerato (…) il primo gran maestro del nostro Ordine”. Tracciando la nostra storia ricorda Hiram e ne esalta la dote del silenzio “il primo martire del nostro Ordine (…) la sua fedeltà nel custodire (…) il suo illustre sacrificio”. Nel discorso ipotizza che la libera muratoria speculativa non abbia origini libero muratorie operative, ma piuttosto crociato cavalleresche. “Ecco, signori, le nostre antiche tradizioni. Ecco ora la nostra vera storia. Dal tempo delle guerre sante in Palestina, numerosi principi, signori ed artisti entrarono tra loro in società, fecero voto di ristabilire i templi dei cristiani in Terrasanta, (…) rammentarono tutti gli antichi segni e le misteriose parole di Salomone, allo scopo di distinguersi dagli infedeli e di riconoscersi tra loro … e decisero di unirsi intimamente con … i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Da allora in poi le nostre logge si denominarono in tutti i paesi logge di San Giovanni”. Tale ipotesi era già riportata precedentemente da alcuni Autori, in particolare da Martin Clair nel documento A Defence of Masonry, pubblicato nella seconda edizione delle costituzioni di Anderson. E’ plausibile che Ramsay fece propria tale teoria nel soggiorno londinese; teoria che voleva allontanarsi dalla poco nobile genesi operativa dei muratori e dalla simbologia della pietra, per avvinarsi alla nobile ed antica genesi cristiano crociata cavalleresca. A quel tempo la società era affascinata dal mondo cavalleresco, e non particolarmente dalla manualità del lavoro. In tal senso il Sessa definisce l’intervento del Ramsay “cosmetico”, per abbellire e rendere più piacevole agli occhi della nobiltà l’istituzione massonica. Non più Corporazioni ma Ordini, non più scalpellini ma cavalieri. Non può dunque essere considerato il primo documento in tal senso; piuttosto di importante riaffermazione, forte del fatto che la società, ed in particolare le persone di potere francesi,  erano pronte ed avrebbe percepito positivamente tale teoria. Quindi chiude il discorso con un elogio ed un ruolo di centralità alla Francia, ma anche al passaggio storico fondamentale in terra inglese, “il grande principe Edoardo, vedendo che non ci sarebbe più stata sicurezza per i suoi confratelli in Terrasanta quando le truppe cristiane si fossero ritirate, li riunì e fece in modo che questa colonia di adepti si stabilì in Inghilterra. Questo principe (…) salito al trono, si dichiarò gran maestro dell’Ordine, concedette loro molteplici privilegi e franchigie, e da allora i membri della nostra confraternita presero il nome di liberi muratori. Da quel momento la Gran Bretagna divenne la sede della scienza misteriosa, la conservatrice dei nostri dogmi e la depositaria di tutti i nostri segreti. Dalle isole britanniche, l’antica scienza ha iniziato a portarsi in Francia. La nazione più spirituale d’Europa diventerà il centro dell’Ordine e diffonderà su i nostri statuti grazia, delicatezza e buon gusto, qualità essenziali in un Ordine le cui fondamenta sono sapienza, forza e bellezza dell’ingegno”.

Il confronto della versione di Epernay con quella del 1737
Il discorso del 1737 è stato pubblicato a Parigi nel 1741, in una almanacco dove viene intitolato come discorso per l’ammissione di un fratello tenuto da un grande oratore dell’Ordine. Mai, secondo le fonti, fu pronunciato in precedenza. Si può ipotizzare quindi che il primo discorso detto di Epernay fu letto e solo raccolto in una serie di manoscritti, mentre il secondo del 1737 fu pubblicato ma mai letto. Complessivamente è più organizzato e strutturato. Tra le doti che deve avere un libero muratore viene aggiunta la morale pura. Aggiunge un riferimento storico al nostro paese, “… dal tempo delle ultime Crociate si vedevano già parecchie Logge erette in Germania, in Italia, in Spagna, in Francia …”. Accenna inoltre dell’ambizioso e sicuramente tra i primi progetti di stesura di una Enciclopedia, aggiunge riferimenti a re Luigi XV ed a colui che sarebbe dovuto essere suo mentore, il cardinale De Fleury ed alleggerì, infine, le origini antiche per dare più spazio a quelle crociato cavalleresche.

Conclusioni
Più leggo e più mi documento, sia sulla vita sia sulle fonti del  Ramsay, sempre maggiormente cresce il mito, e svanisce la convinzione che mi aveva portato con entusiasmo a ritenere che tale “Cavaliere” fosse il personaggio della svolta dello scozzesismo moderno. Permane però, ed forse cosa più importante, un pieno ed appagante senso di gratitudine verso un fratello che, agli albori della  libera muratoria, volle con tenacia dare lustro, inserire nel tessuto sociale, e portare la nostra istituzione come modello cardine per la crescita e l’armonia di tutte le nazioni. Se Ramsay avesse letto il discorso del 1737, forse oggi la nostra storia sarebbe diversa, cosi come diverso sarebbe magari il rapporto con la Chiesa. Ramsay con entusiasmo ha tentato una nostra svolta positiva e per questo dobbiamo prenderlo ad esempio. Cosa certa è che il vero discorso fu quello di Epernay, perché l’unico che Ramsay pronunciò ai fratelli in più occasioni. Obiettivo del Ramsay non era il dare nuovi ed ulteriori gradi, almeno non nei sui discorsi, piuttosto quello di accreditare la libera muratoria presso la nobiltà francese con la protezione della Chiesa di Roma e dello Stato francese. L’accreditamento poteva essere possibile solo sbiadendo l’Ordine dalle sue umili origini muratorie della pietra, degli scalpellini, per avvicinarsi alla opulenza dei fasti di Re Sole. Per questo la genesi cavalleresca dell’Ordine poteva essere onorevole e di stimolo, oltre che pienamente accettabile per le aristocrazie e nobiltà. Questo in parte avvenne, in particolare in Francia, grazie anche al suo contributo. Non posso fare a meno di interpretare le considerazioni del Ramsay sulla genesi della libera muratoria da abitante dei territori dei Magistri Comacini, ma anche a ricordo degli operativi tedeschi ed inglesi. Forse per campanilismo, e poesia, immagino ancora con forza una loggia di scalpellini ed architetti che a meridione della cattedrale di Como si riunisce per edificare il monumento, ma anche iniziare a incontrare la aristocrazie e borghesie della mia città per dare luogo alla libera muratoria speculativa. Lasciando però da parte sia le origini cavalleresche sia la creazione degli alti Gradi, come aspetti sui quali si centra il rapporto del Ramsay con il RSAA, abbiamo visto essere alcuni gli spunti che legano tali eventi allo Scozzesismo. In conclusione, la tensione ed il desiderio di una società ideale dove il libero muratore ed i suoi alti valori si facevano carico di una missione per il bene dell’uomo, unendo ma lasciano distinti i popoli, cercando di conferire ai governanti morali e virtù, cercando di dare alla storia una logica correlata ad un grande e superiore progetto, tutto questo lo vesto completamente su me stesso e mi onora il fatto che dopo quasi trecento anni io abbia portato la voce del Ramsay e noi con entusiasmo ne stiamo parlando, magari prendendolo a modello.

Bibliografia
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• Galassi G. Il cavaliere Ramsay.
• Il discorso di Ramsay. Tempio scozzese, vol 1. Bonucci, Perugia, 1984.
• Porciatti U. Le charte fondamentali della universale muratoria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. Atanor, Roma, 1973.
• Rituale Loggia di Perfezione dei Maestri Segreti. Atanor, Roma, 1954.
• Rituale Loggia di Perfezione dei Maestri Segreti. Papyria, Tivoli, 2011.
• Sebastiani A. La luce massonica. Essenza del RSAA. Hermes, Roma, 1993.
• Sessa L. Il mito di Ramsay. Bastogi, Foggia, 2005. (nda – ottimo testo che riassume in modo esemplare il tema del discorso di Ramsay).
• Tauber E. Canoni, miti e leggende della massoneria rivisitati. In due secoli dalla costituzione del supremo consiglio d’Italia del RSAA. Bastogi, Foggia, 2005.
• Volpe M. Il discorso del Cavaliere de Ramsay e il suo influsso nello Scozzesismo.

 Traduzione
Discorso del Cavalier di Ramsay. Loggia di San Giovanni, 26 dicembre 1736.
Ogni cosa trina è perfetta.
Signori, la nobile passione che manifestate mentre entrate nell’antichissimo ed illustrissimo Ordine dei liberi muratori, è una prova indiscutibile che già possedete tutte le qualità necessarie per diventarne membri. Queste qualità sono la filantropia, il segreto inviolabile e la passione per le belle arti. Licurgo, Solone, Numa e tutti gli altri governanti non sono riusciti a rendere durature le loro repubbliche; anche se le loro leggi erano sensate, non hanno potuto estendersi a tutti i paesi ed in tutti i secoli. Poiché costruite su vittorie, conquiste, violenze militari e supremazia di un popolo rispetto ad un altro, non sono diventate universali e neppure adatte per la capacità, la creatività e gli interessi di tutte le nazioni. Il loro fondamento non era la filantropia; il falso amore di una piccola parte di uomini, che abitano una piccola parte dell’universo chiamata patria, distruggeva in tutte le repubbliche guerriere l’amore per l’umanità in genere. Sostanzialmente non esiste alcuna distinzione tra gli uomini, nonostante la differenza tra le lingue che parlano, gli abiti che indossano e gli spazi del formicaio che occupano. Solo il mondo intero è una grande repubblica, della quale ogni nazione costituisce una famiglia ed ogni individuo un figlio. Signori, la nostra associazione fu istituita per far rivivere e diffondere questi antichi principi naturali dell’uomo. Noi intendiamo riunire tutti gli uomini particolarmente buoni e di carattere gradevole avvalendoci dell’amore per le belle arti, tra i quali il desiderio di crescere diventa una virtù, l’interesse della confraternita si immedesima con quello di tutto il genere umano, tutte le nazioni possono attingere solide conoscenze ed i sudditi di tutti i regni possono contribuire senza diffidenza, convivere senza discordia ed amarsi reciprocamente. Senza rinunciare ai princìpi personali, eliminiamo dalle nostre leggi ogni disputa che possa alterare la tranquillità dello spirito, la dolcezza dei costumi, i teneri sentimenti, la gioia ragionevole e quella perfetta armonia che si ritrova soltanto se si esclude ogni eccesso contrario alla decenza e tutte le passioni discordi. Possediamo, inoltre, i nostri misteri: si tratta di segni figurativi, geroglifici antichissimi e parole tratte dalla nostra arte, sono un linguaggio silenzioso ma particolarmente eloquente per comunicare da lontano e riconoscere i nostri fratelli di qualsiasi lingua e paese. A coloro che sono ammessi viene inizialmente svelato solo il significato letterale. Ai soli adepti viene rilevato il sublime e simbolico significato dei nostri misteri. Allo stesso modo orientali, egiziani, greci e saggi di tutte le nazioni nascondevano i loro fondamenti con figure, simboli e geroglifici. Le nostre leggi, riti e segreti sono spesso per la ragione un gruppo confuso di parole incomprensibili: ma gli iniziati vi trovano un nutrimento squisito che nutre, eleva e richiama alla mente le più sublimi verità. Tra noi è accaduto quello che raramente è avvenuto in altre associazioni. Le nostre logge sono state istituite in passato e oggi si diffondono in tutte le nazioni civili; pur in così numeroso numero, tra questa moltitudine d’uomini nessun fratello ha mai tradito i nostri segreti. Le menti più superficiali, più indiscrete e meno avvezze a tacere, apprendono questa grande scienza appena entrano nella nostra associazione: sembrano successivamente trasformarsi e diventare uomini nuovi, al tempo stesso impenetrabili e penetranti. Se qualcuno venisse meno alle solenni promesse che ci legano, le nostre leggi penali prevedono soltanto il rimorso della coscienza e l’esclusione dalla nostra associazione, secondo queste belle parole d’Orazio: vi è anche un premio certo per il silenzio fedele; vieterò che chiunque abbia divulgato il sacro mistero di Cerere stia con me sotto lo stesso tetto e sciolga con me il fragile battello. Orazio fu a suo tempo oratore d’una gran loggia di Roma fondata da Augusto, mentre Mecenate ed Agrippa ricoprivano il ruolo di sorveglianti. Le migliori odi di questo poeta sono inni composti per essere cantati nelle nostre agapi. Si, signori, le famose feste di Cerere ad Eleusi, di cui parla Orazio, e quelle di Minerva ad Atene e d’Iside in Egitto, non erano altro che logge di nostri iniziati, dove si celebravano i nostri misteri con pasti e libagioni senza eccessi, e, dopo aver abbandonato la saggezza dei nostri principi e la correttezza delle nostre massime, i pagani caddero poco a nelle depravazioni e disordine. La terza qualità richiesta per entrare nel nostro Ordine è l’attaccamento per le arti liberali. La realizzazione di questa predilezione rappresenta l’essenza, il fine e l’oggetto della nostra unione. Tra le scienze matematiche, quella dell’architettura civile, navale e militare è senza dubbio la più utile e antica. Grazie ad essa ci si difende dagli insulti dell’aria, dall’instabilità delle tempeste e soprattutto dalla collera degli altri uomini. Grazie alla nostra arte i mortali hanno scoperto il segreto di costruire case e città per ospitarvi grandi comunità, di attraversare i mari per far circolare dall’uno all’altro emisfero le ricchezze della terra e del mare, ed infine di formare bastioni e macchine contro un nemico più formidabile degli elementi e degli animali, intendo dire contro lo stesso uomo che è soltanto una bestia feroce, a meno che la sua natura non venga addolcita dai precetti dolci, pacifici e filantropici che regnano nella nostra associazione. Queste sono, signori, le qualità richieste dal nostro Ordine di cui bisogna svelare in poche parole l’origine e la storia. La nostra scienza è antica quanto il genere umano, ma non bisogna confondere la storia complessiva dell’arte con la storia particolare della nostra società. Ci sono stati architetti in ogni paese ed in ogni epoca, ma non tutti questi architetti erano liberi muratori iniziati ai nostri misteri. Ogni famiglia, repubblica e impero, la cui origine è perduta in un’antichità oscura, possiede il suo mito e la sua verità, la sua leggenda e la sua storia, la sua finzione e la sua realtà. La differenza che sussiste tra le nostre tradizioni e quelle di tutte le altre associazioni umane consiste nel fatto che le nostre sono fondate sulle storie del più antico popolo dell’universo, del solo oggi esistente sotto lo stesso nome posseduto in passato, senza confondersi con tutte le altre nazioni benché disperso ovunque, e del solo infine che abbia conservato i suoi antichi libri, mentre quelli di quasi tutti gli altri popoli sono stati perduti. Ecco, dunque, quanto mi è stato possibile rinvenire della nostra origine negli antichissimi archivi del nostro Ordine, negli atti del parlamento d’Inghilterra che parlano frequentemente dei nostri privilegi, e nella giurisdizione vivente di una nazione che è stata il centro della nostra scienza misteriosa dal decimo secolo. Signori, concedetemi il doppio di della vostra attenzione; fratelli sorveglianti, mettete la loggia al coperto ed allontanate il popolo profano. Lontano state lontani profani. Disprezzo il volgo dei profani, e lo scaccio. Tacete. L’estrema vocazione per l’ordine, la simmetria e la introiezione può essere ispirata soltanto dal Grande Geometra architetto dell’universo le cui idee eterne sono i modelli della vera bellezza. Analogamente ravvisiamo negli annali sacri del legislatore degli ebrei, che Dio stesso insegnò al restauratore del genere umano, le proporzioni della barca galleggiante destinata alla sopravvivenza degli animali d’ogni specie durante il diluvio, al fine di ripopolare il nostro globo quando fosse riemerso dalle acque. Noè per conseguenza deve essere considerato sia l’autore, sia l’inventore dell’architettura navale, sia il primo gran maestro del nostro Ordine. La scienza sconosciuta fu trasmessa attraverso la tradizione orale da questi fino ad Abramo ed ai patriarchi, l’ultimo dei quali portò in Egitto la nostra arte altissima. Giuseppe dette agli egiziani la prima idea dei labirinti, delle piramidi e degli obelischi, che sono stati oggetto di ammirazione in ogni epoca. Grazie a questa tradizione patriarcale le nostre leggi e le nostre massime furono diffuse in Asia, Egitto, Grecia ed in tutta la Gentilità. Ma i nostri misteri vennero ben presto alterati, degradati, corrotti e contaminati da superstizioni, la scienza segreta fu conservata pura soltanto presso il popolo di Dio. Mosè, ispirato dall’Altissimo, fece elevare nel deserto un tempio mobile, il tabernacolo, conforme al modello che aveva visto nel corso d’una visione in cima al monte sacro, prova evidente che le leggi della nostra arte si osservano nel mondo invisibile dove tutto è armonia, ordine e proporzione. Il tabernacolo mobile, copia dell’invisibile palazzo dell’Altissimo che è il mondo superiore, divenne poi il modello del celebre tempio di Salomone, il più saggio tra i re ed i mortali. Questo superbo edificio, sostenuto da millecinquecento colonne di marmo di Paro, aperto da oltre duemila finestre, capace di contenere quattrocentomila persone, fu costruito in sette anni da più di tremila principi o maestri muratori che avevano a capo Hiram Abif, gran maestro della loggia di Tiro, cui Salomone affidò tutti i nostri misteri. Fu il primo martire del nostro Ordine […] la sua fedeltà nel custodire […] il suo illustre sacrificio. Dopo la sua morte, re Salomone scrisse con figure geroglifiche i nostri statuti, le nostre massime ed i nostri misteri, e questo antico libro costituisce il codice originario del nostro Ordine. Dopo la distruzione del primo tempio e la segregazione della nazione prediletta, l’unto del Signore, il grande Ciro che era iniziato a tutti i nostri misteri, nominò Zorobabele gran maestro della loggia di Gerusalemme, e gli ordinò di gettare le fondamenta del secondo tempio dove fu collocato il misterioso Libro di Salomone. Questo Libro fu conservato per 12 secoli nel tempio degli israeliti, ma dopo la distruzione del secondo tempio sotto l’imperatore Tito e la dispersione di codesto popolo, l’antico libro fu perduto fino al tempo della crociate, quando fu in parte ritrovato dopo la conquista di Gerusalemme. Il sacro codice fu decifrato e, pur senza riuscire a decifrare il significato sublime di tutte le figure geroglifiche che vi furono trovate, venne rinnovato il nostro antico Ordine di cui Noè, Abramo, i patriarchi, Mosè, Salomone e Ciro erano stati i primi gran maestri. Ecco, signori, le nostre antiche tradizioni. Ecco ora la nostra vera storia. Dal tempo delle guerre sante in Palestina, numerosi principi, signori ed artisti entrarono tra loro in società, fecero voto di ristabilire i templi dei cristiani in Terrasanta, s’impegnarono con un giuramento ad impiegare la propria scienza ed i propri beni per ricondurre l’architettura alla sua primitiva istituzione, rammentarono tutti gli antichi segni e le misteriose parole di Salomone, allo scopo di distinguersi dagli infedeli e di riconoscersi tra loro … e decisero di unirsi intimamente con … i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Da allora in poi le nostre logge si denominarono in tutti i paesi logge di San Giovanni. Quest’unione si realizzò come imitazione degli israeliti che, quando ricostruirono il secondo tempio, con una mano facevano uso di cazzuola e malta, mentre con l’altra indossavano spada e scudo. Dopo le traversie delle guerre sante, la decadenza delle armate cristiane ed il trionfo di Bendocdor sultano d’Egitto durante l’ottava ed ultima crociata, il figlio di Enrico III d’Inghilterra, il grande principe Edoardo, vedendo che non ci sarebbe più stata sicurezza per i suoi confratelli in Terrasanta quando le truppe cristiane si fossero ritirate, li riunì e fece in modo che questa colonia di adepti si stabilì in Inghilterra. Questo principe era dotato di tutte le qualità d’intelletto e cuore proprie degli eroi, amava le belle arti e soprattutto la nostra grande scienza. Salito al trono, si dichiarò gran maestro dell’Ordine, concedette loro molteplici privilegi e franchigie, e da allora i membri della nostra confraternita presero il nome di liberi muratori. Da quel momento la Gran Bretagna divenne la sede della scienza misteriosa, la conservatrice dei nostri dogmi e la depositaria di tutti i nostri segreti. Dalle isole britanniche, l’antica scienza ha iniziato a portarsi in Francia. La nazione più spirituale d’Europa diventerà il centro dell’Ordine e diffonderà su i nostri statuti grazia, delicatezza e buon gusto, qualità essenziali in un Ordine le cui fondamenta sono sapienza, forza e bellezza dell’ingegno. In futuro nelle nostre logge, come se fossero scuole pubbliche, i francesi vedranno, senza viaggiare, come in un diorama, le caratteristiche di tutte le nazioni, e gli stranieri impareranno per esperienza che la Francia è la vera patria di tutti i popoli.

Luca Levrini, Maestro Segreto 4° Gr.
Camera Capitolare “16 marzo 1805” – Oriente di Como, Valle dell’Adda
28 maggio 2013 AœDœ

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